Quali tasse pagare sul contratto di affitto

Se si decide di affittare un immobile, la scelta migliore è stipulare un contratto di locazione. Pagare le tasse sugli immobili è un attestato di garanzia qualora l’inquilino non sia più in grado di pagare l’affitto e si voglia rientrare in possesso dell’abitazione locata. Quali tasse bisogna pagare sul contratto di affitto?

Cosa fare e quanto pagare

Quando si redige il contratto di locazione, occorre sostenere dei costi che vanno dai bolli fino all’Irpef. Vediamo nel dettaglio quali tasse pagare sul contratto di affitto.

La prima spesa che il locatore e il conduttore devono sostenere al 50% sono le marche da bollo e l’imposta di registro.

Nel momento in cui il contratto di locazione è compilato e firmato dalle parti, occorre presentarlo in triplice copia presso gli uffici preposti dell’Agenzia delle Entrate con tre marche da bollo da 14,62 euro, in data uguale o antecedente alla firma del contratto.

Se i bolli portano una data successiva alla firma del contratto occorre applicare un interesse di mora del 10%, da calcolarsi sulla somma dei bolli e integrare la differenza con altrettante marche da bollo che saranno apposte solo sulla copia che rimane presso l’Agenzia delle Entrate.

Ogni marca da bollo viene applicata su ogni copia del contratto, dove una rimane all’ufficio registro, una viene consegnata al conduttore e l’altra resta in possesso del locatore.

Oltre alla marche da bollo è necessario fare pervenire all’ufficio registro anche il modello F23dove è stata versata la prima annualità dell’imposta di registro.

L’imposta di registro si ottiene calcolando il 2% sul canone annuo. Se il canone d’affitto annuo è di 8.400 euro (700 euro al mese per 12 mesi), l’imposta di registro sarà di 168 euro (8.400×2%).

Se il tipo di contratto è a canone concordato l’imposta è dell’1,4%. Se si tratta di un contratto di locazione con garante l’imposta è del 2% e in più sul modello F23 bisogna versare lo 0,50% a titolo di imposta sul garante. La stessa cosa vale in caso di canone concordato con garante, oltre all’1,4% si aggiunge lo 0,50%. Per quanto riguarda gli immobili non residenziali,se il contratto di locazione è soggetto a Iva l’imposta di registro passa dal 2% all’1%.

L’affitto percepito è un provento che ogni anno va denunciato sulla dichiarazione dei redditi. Nel quadro B del modello 730 viene inserito il canone di locazione annuo detratto del 15%. Il valore ottenuto si andrà a sommare agli altri redditi percepiti dal locatore (Cud, pensione ecc.), il totale complessivo sarà la base per il calcolo del reddito imponibile e dell’imposta lorda.

L’ultima tassa da pagare è l’IMU. La rendita dell’immobile dato in affitto viene rivalutata del 5%. Il risultato si moltiplica per 160 e si ottiene il valore dell’immobile, su questo dato si calcola l’aliquota che viene stabilita dal Comune dove è locata l’abitazione.

In caso di cedolare secca

La cedolare secca è stata introdotta come alternativa al regime fiscale ordinario in materia di affitti.

Per i contratti a canone concordato si calcola il 19% del canone annuo, mentre per i contratti a canone libero la percentuale sale al 21%. Se si opta per la cedolare secca bisogna solo registrare il contratto, infatti questo tipo di tassazione esonera il locatore dal pagare l’imposta di registro, i bolli, sostituisce le addizionali regionale e comunale e l’Irpef ordinaria.

La rete offre dei siti che mettono a disposizione dei servizi online per verificare se davvero conviene scegliere la cedolare secca rispetto al consueto regime fiscale. Essendo però delle simulazioni di calcolo è sempre meglio rivolgersi a un CAF al fine di effettuare i giusti conteggi.

Conviene?

Le tasse sul contratto di affitto sono molte, forse a volte nemmeno conviene dare in locazione un immbile. Occhio e croce il 50-60% bisogna restituirlo allo Stato. A volte è anche penalizzante avere “un reddito in più”, perché si vanno a perdere delle agevolazioni. A farne le spese sono soprattutto i pensionati che in alcuni casi si vedono ridurre il proprio vitalizzio da parte dell’ente pensionistico perché superano una determinata soglia di reddito.

 

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